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Archive for the ‘varie’ Category

Pubblicità Atari

All’età della bambina nella foto qui sopra, la mia cameretta aveva i mobili color faggio, le pareti bianche e le luci color crema. I miei vestiti erano un po’ di tutti i colori: rosso, verde, e blu sono i più ricorrenti che mi vengono in mente.

Tra i miei giochi c’erano bambole e peluche, una macchinina telecomandata, trucchi alla frutta, un vero microscopio, una scatola di latta piena di matite, pupazzetti di gomma , un Transformer, un Mio Minipony color viola, un robottino telecomandato, il das, una pista per le macchinine, i fumetti di Braccio di Ferro e molto altro. A un certo punto arrivarono anche i videogiochi; prima quelli piccoli tascabili (uno del calcio e uno delle macchinine) e poi l’Atari da collegare alla televisione.

Facevo la raccolta di figurine dell’atletica e degli Sgorbions (bleah!), ero fissata con i cavalli e leggevo tanto, anzi tantissimo, e di tutto.

Per la cronaca ho sempre avuto i capelli lunghi, almeno fino ai primi colpi di testa del liceo. Da grande mi è sempre piaciuto portare i tacchi alti, truccarmi e avere le unghie in ordine; non credo di poter essere definita ‘un maschiaccio‘. Ho mantenuto una miscela di interessi piuttosto vari e mi piacerebbe che una mia eventuale futura figlia potesse avere la stessa esperienza.

Però, facendo una ricerca su google immagini con la richiesta “cameretta bimba” quello che esce è più o meno simile alla foto qui sotto, e che a me sembra un incubo:

La ricerca “cameretta bimbo” offre risultati decisamente meno opprimenti e monocromatici.

La “pinkification” di giochi, oggetti e vestiti da bambine è un fenomeno che mi inquieta abbastanza. Immagino che le questioni di genere 30 anni fa non dovessero essere troppo più avanzate, ma nel complesso mi pare che la pressione conformista, almeno sulle bambine, oggi sia addirittura più forte di quando ero piccola io.

Sicuramente l’educazione e le scelte dei genitori conteranno moltissimo, adesso come allora; ma quanta influenza avranno le amichette vestite da fatine, il martellamento mediatico e pubblicitario e l’orribile packaging dei giochi “da femmine”?

La conclusione non voleva essere uno scorato “mala tempora currunt“. Piuttosto riflettevo che i gusti delle persone, uomini e donne – che un tempo sono stati bambini – non sono del tutto innati e spontanei, ma sono in gran parte frutto di influssi esterni… anche quelli dei designer di orribili camerette in tinta rosa.

Forse un sano mix di Meccano e Dolce Forno per tutti potrebbe portare ad avere una società di adulti un po’ più equilibrati, siano essi maschi o femmine. E pareti neutre, per favore.

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elezioni

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donne

C’è un luogo comune che ho sentito ripetere sin da quando ero piccola: un posto dove ci sono troppe donne non può funzionare bene.

L’ho sentito riguardo alle classi di una scuola, ai gruppi di amici e ai luoghi di lavoro.

Tra pochi giorni lascerò l’ufficio dove ho lavorato negli ultimi due anni e che è composto per l’80% da donne. Il capo è una donna (brava, capace e instancabile), le colleghe che mi hanno insegnato il lavoro sono donne, e donne sono quelle che ho frequentato più assiduamente.

Mentre facevo il bilancio di questi ultimi due anni riflettevo sul fatto che nonostante lì dentro ci siano persone molto diverse tra loro, con storie, opinioni, vite, famiglie, aspetto, età, passioni, provenienza e impegni diversi, l’atmosfera in ufficio è sempre stata delle migliori.

Ci sono sempre state collaborazione, condivisione e allegria; eppure potrebbe essere considerato da molti un ufficio con troppe donne.

Non c’è una morale, né voglio aggiungere ulteriori considerazioni. Provo solo piacere ad evidenziare fatti diversi dagli stereotipi.

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toilette

Gli aeroporti sono un posto che mio malgrado frequento spesso. Frequento il controllo sicurezza e passaporti, le sale d’attesa, i bar e quando va bene qualche ristorante. Ovviamente frequento anche le toilette.

L’aeroporto in cui passo più spesso in assoluto è quello della città di Pisa, nel quale hanno recentemente ristrutturato i bagni. Appena rinnovati fui ben felice di provarli: quelli vecchi erano grigi, spesso alcune cabine erano inagibili e gli asciugatori per le mani non funzionavano.

Purtroppo i nuovi bagni hanno un grosso difetto: la foto cellula dello scarico si attiva da sola quando più le aggrada, prima, dopo, ma soprattutto durante quello che devi fare in bagno…

Non so come funzioni per gli uomini, ma nei bagni delle donne ad ogni occasione mi capita di sentire lo scarico del water seguito immediatamente da un urlo o imprecazione. Io ormai ho imparato come ‘truffare’ il sensore, ma non mi sembra un sistema molto funzionale…

Recentemente hanno aperto nuovi bagni aggiuntivi e ho pensato “si saranno accorti dell’errore e avranno cambiato il sistema, o spostato la fotocellula”. Ovviamente no: stesso problema, stesse urla e imprecazioni nei bagni delle signore.

Lo so che non è un argomento elegante questo, ma se un designer di toilette da aeroporto dovesse passare da qui gli/le sarei infinitamente grata se volesse tener conto di queste piccole considerazioni:

1. lo scarico. Come detto poco sopra, non c’è bisogno di un water che scarica continuamente. Se vi piacciono i sensori ottimo: piacciono molto anche a me. Ma per cortesia utilizzate quelli davanti ai quali è necessario agitare la manina per metterli in funzione. Risparmierete acqua e maledizioni.

2. le dimensioni. Se sono in aeroporto, molto probabilmente ho con me una valigia, forse due. Se è inverno magari ho un cappotto ingombrante e ho bisogno di rigirarmi comodamente nel bagno, possibilmente senza toccare i muri o qualsiasi accessorio. Mettete una cabina in meno e fate in modo che non si debba abbandonare la propria valigia alla cortesia di uno sconosciuto o salire sulla tazza per chiudere la porta!

3. i ganci. Il suddetto aeroporto di P. ha fornito i suoi bagni con un gancetto piatto a forma di triangolo rovesciato. E’ così schiacciato al muro che non riesce quasi a trattenere nemmeno il manico sottile di uno zaino! Inoltre nei nuovi bagni hanno pensato bene di appendere il gancio poco sopra il contenitore della carta igienica: una borsa di medie dimensioni si trova inevitabilmente ad appoggiarsi lì sopra. Una borsa di grandi dimensioni semplicemente non ci sta.

4. i contenitori sanitari. Queste specie di cestini destinati – ahiloro! –  a raccogliere gli assorbenti igienici nascono ingombranti e malfunzionanti. Sono proprio progettati male, mi spiace: un semplice cestino sarebbe più onesto e maneggevole. Tuttavia se proprio dobbiamo utilizzarli in ottemperanza a qualche prescrizione normativa, almeno evitiamo di fare come nel suddetto aeroporto di Pisa, dove ne sono stati messi qua e là 2 per cabina. Considerato che lo spazio è quello che è, non sarebbe meglio tenerne uno soltanto e svuotarlo più spesso?

Ecco, caro designer di bagni che dovessi passare da qui: non ho niente contro le cannelle a parallelepipedo e le serigrafie sugli erogatori. Puoi cercare di farlo cool quanto vuoi, il tuo bagno, ma per favore: visto che poi deve usarlo un povero viaggiatore abituale, cerca di renderlo almeno decentemente utilizzabile.

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bizarre

Su consiglio di amici io e dave siamo andati a vedere una mostra un po’ particolare al British Museum.

Grayson Perry, l’artista che vedete anche nel filmato qui sopra, ha raccolto vari oggetti della collezione del museo e li ha esposti insieme a una serie di sue opere.

Arazzi, ceramiche, sculture di ferro o legno contemporanee sono esposte accanto a manufatti antichi di civiltà lontane nel tempo e nello spazio. I temi sono interessanti, la realizzazione eccellente e in generale la mostra è godibilissima.

Io e dave ci siamo divertiti e appassionati in particolare ad alcuni pezzi. All’uscita abbiamo fatto un pensiero sull’acquisto del catalogo della mostra, ma abbiamo rinunciato un po’ per il prezzo un po’ per l’ingombro e il peso fisico che avremmo dovuto portarci dietro fino al rientro a casa.

Nei giorni successivi ho cercato notizie su Grayson Perry, sul suo orso Alan Measles e sulla mostra. Sono quindi finita su un blog del British Museum in cui bastava lasciare un commento ad uno specifco post per partecipare all’estrazione di un catalogo della mostra autografato dall’autore…

… e ho vinto. Così pochi giorni dopo mi è arrivato a casa un bel catalogo con la firma del geniale e bizzarro Grayson Perry!

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guanto

Quando nel 1996 uscì l’album Prendere e lasciare di De Gregori, tra le mie preferite ci fu subito “Un guanto”.

Mi godevo la storia surreale di questo guanto che parte da una pista di pattinaggio, traversa il mare i cui flutti si trasformano in rose e finisce dopo altre peripezie “in quel quadro infinito dove Psiche e Cupido governano insieme”.

Tuttavia avevo la piena convinzione che ci fosse qualcosa che mi sfuggiva.

Purtroppo 15 anni fa internet non era il pozzo profondissimo che è adesso e non mi venne nemmeno in mente che qualche informazione potesse venirmi da lì.

La canzone quindi rimase bella e incompresa, o almeno non compresa fino in fondo.

Riascoltando quell’album poco tempo fa, mi è tornata la curiosità di approfondire l’origine delle immagini e della storia del guanto.

Il pozzo di internet in questo caso mi è venuto egregiamente in aiuto e mi ha fatto scoprire l’esistenza di una serie di incisioni di Max Klinger: Parafrasi del ritrovamento di un guanto.

Le immagini di Klinger aderiscono quasi perfettamente a quelle che avevo nella testa ascoltando la canzone; diciamo che ne sono la versione in bianco e nero.

Consiglio l’ascolto della canzone insieme alla visione delle incisioni.

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colore

Ogni volta che da piccola vedevo la videocassetta di Alice nel Paese delle Meraviglie versione Disney avevo una perplessità.

Durante i famosi festeggiamenti di Noncompleanno arriva il Bianconiglio agitando il cipollotto da taschino; il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina lo intercettano e si impegnano a riparare l’orologio.

Al termine di una scena in cui gli ingranaggi sono ricoperti di sale, burro, marmellata e tè l’orologio impazzisce e la Lepre Marzolina lo distrugge definitivamente con una bella martellata.

La scena della martellata con l’orologio che va in pezzi e le rotelle che saltano ovunque diventa stranamente in bianco e nero. Pochi istanti dopo si vede un perplesso Cappellaio Matto che decretandone la morte ribadisce che comunque l’orologio aveva due giorni di ritardo.

A questo punto il colore sulla pellicola è tornato tutto.

Da piccola non ero riuscita ad ottenere una valida spiegazione. Mi chiedevo se per caso non fosse difettosa la mia videocassetta, ma una volta vedendo il film in televisione notai che c’era lo stesso problema.

Allora ero arrivata a chiedermi se non ci fosse un qualche significato che mi sfuggiva: forse la distruzione dell’orologio causava una specie di interruzione nel flusso temporale del sogno di Alice? Il bianco e nero, chissà perché, mi richiamava alla realtà al di fuori del cartone animato.

Comunque non ero arrivata a nessuna conclusione.

Fonti in lingua italiana su internet parlano di una presunta censura che avrebbe voluto la scena in bianco e nero per diminuire l’impatto cruento del gesto distruttivo. Gli schizzi di marmellata rosa potevano sembrare sangue alle menti facilmente impressionabili dei bambini (!). Da qui la censura cromatica. Ma non ho trovato conferme più ufficiali.

Altrove trovo solo un riferimento a un problema tecnico che avrebbe portato a rimpiazzare alcuni fotogrammi colorati che sarebbero stati persi con quelli in bianco e nero. La spiegazione mi sembra poco convincente, sia per l’improbabilità che la Disney non si curasse di ricolorare la scena, sia perché il passaggio dal colore al bianco e nero pare essere effettivamente graduale.

Sono passati decenni e ancora nessuno mi ha chiarito il dubbio: se qualcuno ne sapesse qualcosa…

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1settimana

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partenze

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confronti

via “on animation blog” con un meraviglioso Ed Wynn, doppiato in italiano da Carlo Romano.

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