Sono certa di non essere l’unica ad aver avuto disavventure causate dal maltempo di questo inverno; però diciamo che aver impiegato venti ore per arrivare da Londra a Pisa è sicuramente degno di nota.
La sera di giovedì 17 ero da sola in casa, e guardavo la neve che scendeva. ‘Che bello – pensavo – speriamo però che non crei problemi per viaggiare domani’.
Venerdì mattina mi sono svegliata poco più tardi delle 5 per uscire di casa mezz’ora dopo: c’erano due centimetri di neve e nonostante il vialetto di casa mia fosse estremamente scivoloso ho scoperto con sollievo che gli autobus viaggiavano tranquillamente.
La metro era in perfetto orario e mi ha lasciato alla stazione di Tottenham Hale, da dove dovevo prendere il treno per Stansted. Le corse precedenti erano state tutte cancellate, ma il mio treno è partito puntuale come se nulla fosse. Fuori dal finestrino era buio e si intuiva il bianco della neve tutto intorno. ‘Che bello – pensavo – questo viaggio nella neve’.
Poi, nel nulla della campagna londinese, c’è stata una lunga sosta. Poi un’altra. Poi un’altra ancora sempre più lunga, e la gente ha iniziato ad agitarsi. Io all’inizio ero ottimista, perché due centimetri di neve non mi sembravano sufficienti a fermarci per troppo tempo. Invece avrei fatto bene a preoccuparmi, dato che siamo stati bloccati abbastanza a lungo da far sorgere il sole e farmi perdere l’aereo.
Non è affatto simpatico arrivare dieci minuti dopo la chiusura del desk, con l’aereo che è ancora lì e tu che non ci puoi salire solo perché non accettano più la tua valigia. Comunque c’era poco da fare e mi sono incolonnata in una fila di due ore per comprare un nuovo biglietto. Lì per fortuna ho conosciuto Lucy, una ragazza inglese che parlava un italiano perfetto e che è stata la mia compagna di sventura per il resto della giornata.
Il volo successivo per Pisa sarebbe stato alle 20.30, così ho deciso di provare a prendere un volo per Bologna che doveva partire alle 11.30. ‘Da lì – pensavo – prendo un eurostar e nel primo pomeriggio sono a casa’.
Peccato che poi quell’aereo abbia fatto un ritardo di 4 ore; comunque alle 18.30 ero a Bologna e accettavo volentieri un passaggio in auto fino a Pisa dal fidanzato di Lucy.
L’autostrada sembrava pulita e non c’era troppo traffico. ‘Forse – pensavo – riesco ancora ad arrivare per cena’. Sull’Appennino ha iniziato a nevicare, ma le macchine viaggiavano normalmente anche se un po’ più lente; mi sono resa conto che non sarei stata a Pisa in tempo per cena, ma contavo sul fatto che, una volta arrivati a Firenze, il tratto di strada fino a Pisa sarebbe passato in un attimo.
Peccato che la FI-PI-LI fosse bloccata dalla neve. Siamo rimasti fermi per un’infinità di tempo con il terrore di restare nel gelo per tutta la notte. Dopo un paio d’ore siamo ripartiti, ma la macchina a tratti perdeva aderenza; abbiamo provato a mettere le catene, ma non c’era neve a sufficienza e sembrava che le ruote stessero per distruggersi. ‘Bah – pensavo a questo punto – speriamo solo di arrivare vivi’.
E vivi siamo arrivati, per fortuna; anche se era l’ una e trenta di notte.
Se vi è sembrato lungo da leggere, seduti davanti al pc, pensate a quanto è sembrata lunga a me quella giornata.
guarda il lato positivo: hai più sentito Lucy?
In pratica nello stesso tempo saresti potuta emigrare in Australia…
Linus, forse avrei dovuto precisare che Lucy non faceva cognome Van Pelt 😛 Comunque no, le ho scritto ma per ora non ci siamo risentite.
Cristina, già, più o meno il tempo era quello. E in Australia avrei pure trovato l’Estate!